(di Giorgio Perini, membro del Comitato direttivo di AZIONE del FVG e della provincia di Trieste, già attachè alla Rappresentanza Diplomatica Permanente d’Italia presso l’UE a Bruxelles)
Strano Paese il nostro! In qualsiasi altro posto, la proposta di Carlo Calenda, di sospendere per un giorno la campagna elettorale per mettersi attorno a un tavolo, tutti i leader delle principali forze politiche, e concordare una strategia per affrontare il caro-energia ed individuare le modalità di intervento a favore di cittadini ed imprese, sarebbe stato accolta favorevolmente ed anzi, i suoi concorrenti in politica si sarebbero mangiati le mani per non averci pensato loro per primi!
Da noi no! NESSUNO HA ADERITO! Salvo ora rilanciare la stessa idea, a poche ore di distanza, chiamandola tregua o armistizio, pur di non riconoscerne il merito della primogenitura ad Azione! Senza peraltro controproporre niente di costruttivo nel merito. E nel merito vanno affrontati due aspetti: le modalità di fissazione di un tetto al prezzo del gas (e la possibilità di sganciare da quest’ultimo il prezzo dell’energia elettrica e di altre fonti energetiche, in particolare le rinnovabili) e gli aiuti a famiglie ed imprese. Nel primo caso si tratta di dare il massimo appoggio bi-bipartisan al premier Draghi per la negoziazione a Bruxelles, perché eventuali misure nazionali sarebbero destinate al fallimento. Nel secondo, i due principali problemi da affrontare sono i vincoli di bilancio e il rispetto delle norme europee. Ostacoli, a mio avviso, non insormontabili, se affrontati con cognizione di causa!
Nelle stesse ore Giorgia Meloni, nella sua intervista alla Reuters, ha detto che rispetterà “le regole di bilancio fissate dall’Unione Europea” e che vuole “un diverso atteggiamento italiano sulla scena internazionale, ad esempio nei confronti della Commissione europea”. Peccato che, in particolare dopo l’attribuzione all’Italia di oltre 200 miliardi del Recovery Fund, non sia sufficiente rispettare soglie si bilancio quantitative ma si debba anche garantire la qualità delle spese pubbliche, unitamente alla realizzazione delle riforme concordate (ed inserite nel PNRR), che sono proprio quelle che FdI osteggia da sempre, come la riforma delle concessioni balneari. Peggio ancora per la seconda affermazione perché la politica internazionale ormai per i Paesi membri dell’UE è solo quella extraeuropea, mentre i rapporti con la
Commissione europea riguardano la politica europea: non cogliere la distinzione, per chi ha ambizioni di governo, è piuttosto grave!
Salvini invece ha da un lato elencato iniziative percorribili solo nel medio/lungo termine, quali sbloccare la realizzazione degli impianti bloccati dalla burocrazia, estrarre gas nel mare Adriatico e tornare ad investire in energia nucleare pulita, quando l’emergenza è immediata e bisogna trovare soluzioni prima di ottobre, e dall’altro rivolto un appello che più generico non si può perché sia l’Europa a farsi carico del problema (perché delle patate bollenti devono sempre farsi carico “gli altri”).
Ma sarebbe troppo facile criticare e basta! Abbiamo detto che Azione vuole proporre soluzioni praticabili, ed eccole qui. Il mio suggerimento è di avvalersi in primis del disposto dell’articolo 107 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), comma 3, lettera b) seconda opzione, che prefigura l’ammissibilità degli aiuti alle imprese “destinati a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro”. Nessun dubbio infatti che siamo di fronte a un grave turbamento dell’economia a causa della crisi energetica, che per di più riguarda, anche se in misura diversa, tutti i Paesi europei. Da qui partirei per il reperimento delle risorse necessarie (e per la praticabilità o meno di un ulteriore scostamento di bilancio), ragionando con i funzionari europei che sono tutto meno che irragionevoli o pregiudizialmente negativi. E, anche se Gentiloni ha detto (giustamente) che il PNRR non si può riscrivere da zero, io penso che, alla luce della finalità ultima del NGEU (Next Generation EU), ovvero preoccuparci delle generazioni future, evitare la desertificazione economica con i pesanti effetti sull’occupazione (soprattutto giovanile e femminile) che ne deriverebbero, sia una ragione sufficiente per riorientare una parte di quei fondi. Certo, lo sapremo solo andando a Bruxelles (dopo aver concordato una linea nazionale condivisa), non urlando slogan banali in patria!