Il 18 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, annuncia la nomina di Domenico Arcuri, amministratore delegato Invitalia come commissario delegato per la gestione dell’emergenza Coronavirus. Il suo compito? Lavorare per rafforzare la distribuzione di strumenti sanitari.
Eravamo ancora in fase 1 e la parola d’ordine era “tutti a casa”.
Dal 4 maggio scatta la fase 2 e con essa è stata confermata l’obbligatorietà delle mascherine chirurgiche nei luoghi di lavoro. Domenico Arcuri firma un’ordinanza che fissa ad un massimo di €0,50 il prezzo delle mascherine cosiddette chirurgiche. La frase in grassetto è tratta dal sito ufficiale del governo italiano e l’utilizzo del termine “cosiddette” non è anodino. Perché non tutte le mascherine sono uguali.
Le mascherine chirurgiche, a differenza di quelle che si trovano comunemente, sono sia traspiranti che filtranti. Hanno, cioè, al loro interno, un tessuto traspirante (melt-blown) che viene caricato elettricamente (elettrete) e cattura “elettrostaticamente” le goccioline di saliva.
Il prezzo dell’elettrete è salito alle stelle negli ultimi mesi e, quindi, i produttori di mascherine “chirurgiche” (che non lo producono ma lo hanno sempre comprato da terzi) hanno dovuto quintuplicare il loro prezzo.
Oggi, una mascherina chirurgica prodotta in Cina costa all’importatore circa 50 centesimi. Ciò significa che, in farmacia, non può essere venduta allo stesso prezzo.
Domenico Arcuri ha nominato L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli soggetto attuatore per procedere alla requisizione di tutti i dispositivi di protezione individuale dietro richiesta dello stesso Arcuri.
Requisire è sovvertire tutte le logiche di prezzo. Qui tutti i decreti di requisizione.
Per chi si chiede se quella di Domenico Arcuri sia stata la mossa giusta:
- Inviereste materiale in Italia per venderlo con il rischio che venga requisito?
- E, quali aziende italiane sono pronte a produrre sapendo di andare in perdita?