CONSIDERAZIONI SUL BICAMERALISMO IN ITALIA IN VISTA DEL PROSSIMO REFERENDUM CONFERMATIVO DELLA LEGGE COSTITUZIONALE RELATIVA ALLA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI

Nel mondo ci sono Paesi effettivamente democratici e Paesi solo apparentemente democratici; quasi tutti però, almeno nella forma, hanno un Parlamento come luogo in cui si concretizza la volontà popolare, approvano le leggi (potere legislativo) e si esprime la fiducia al Governo (potere esecutivo).

La maggior parte dei Paesi hanno un’unica assemblea legislativa. Vi sono però 25 Paesi che hanno una struttura bicamerale. Piuttosto spesso questo è conseguenza della natura federale della loro struttura politica. Infatti, mentre una camera rappresenta la Nazione nella sua interezza, l’altra è costituita da membri eletti dai singoli Stati membri o comunque sulla base elettorale del singolo Stato. La seconda camera, dunque, è portatrice degli interessi degli Stati appartenenti alla federazione.

In alcuni casi (l’esempio più noto è quello del Regno Unito) il bicameralismo è legato alla tradizione ed è un retaggio del sistema aristocratico: nella Camera dei Comuni i rappresentanti sono eletti dal Popolo, nella Camera dei Lord si accede o per diritto ereditario o per nomina reale (a vita). In queste situazioni i poteri di una Camera sono nettamente subordinati a quelli dell’altra camera.

Vi sono però anche casi di stati unitari, non aristocratici, in cui vige il sistema bicamerale (ad es. Giappone, Paesi Bassi, Filippine, Repubblica Ceca): In Paesi come questi, la camera alta ha la funzione di esaminare più a fondo le proposte di legge e approvare o rifiutare le decisioni della camera bassa. La camera alta svolge cioè solo funzioni consultive, di riflessione o raffreddamento delle polemiche, ma il potere legislativo effettivo spetta ad una sola camera.

I Paesi dove entrambe le camere svolgono funzione legislativa, cioè concorrono all’approvazione delle Leggi, sono definiti sistemi bicamerali, che, a loro volta, si distinguono in bicamerali imperfetti quando le due camere svolgono uguali funzioni ma hanno poteri diversi, e in bicamerali perfetti quando svolgono uguali funzioni con uguali poteri.

I Paesi con sistema bicamerale perfetto sono tre: Stati Uniti, Svizzera e Italia.

Nel caso della Svizzera e degli Stati Uniti, la ragione del bicameralismo è connessa alla natura federale, o meglio confederale, dello Stato. Il Bicameralismo perfetto serve a garantire che una determinata iniziativa legislativa ottenga sia approvata sia dalla maggioranza della popolazione che dalla maggioranza degli Stati Federati.

Il caso dell’Italia invece è totalmente differente. Il bicameralismo deriva dallo Statuto Albertino, che aveva una impronta aristocratica: la camera dei Deputati era eletta a suffragio popolare (ancorché non universale) mentre il Senato era di nomina regia. Con l’approvazione della Costituzione della Repubblica Italiana si è mantenuto il sistema bicamerale ma si è provveduto a differenziare i sistemi elettorali di Camera e Senato.

Infatti, in base all’articolo 57 della Costituzione, i Senatori vengono eletti su base regionale (e non nazionale). In tale maniera la Costituzione si premurava di assicurare una rappresentanza minima di 7 senatori a ciascuna Regione (Valle d’Aosta e Molise esclusi), indipendentemente dal numero dei cittadini effettivamente residenti (escludendo quindi la ripartizione dei resti a livello nazionale).

L’articolo 58 della Costituzione fissa inoltre in 25 anni l’età minima per l’esercizio del diritto all’elettorato attivo e in 40 anni l’età minima per l’elettorato passivo, operando quindi una differenziazione nella base elettorale e prescrivendo una età più avanzata (presunto segno di maggior saggezza e competenza) per gli eletti.

Una ulteriore differenza (non in Costituzione ma nella Legge elettorale) è consistita, fino al 1994, nel fatto che il Senato veniva eletto sulla base di collegi uninominali, mentre per la Camera dei deputati vigeva il sistema delle circoscrizioni plurinominali con espressione del voto di preferenza.

Si trattava di differenze piccole ma significative, che avevano il compito di differenziare i due rami del Parlamento in modo che ciascuno potesse apportare un contributo al dibattito lungo l’iter procedurale di approvazione delle proposte di legge, evitando che le due assemblee fossero l’una l’esatto specchio dell’altra.

A distanza di oltre 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione ci si può legittimamente chiedere se abbia ancora senso il ricorso a un bicameralismo perfetto, e si può immaginare che il processo legislativo possa essere svolto con maggior tempestività ed efficacia da una sola Camera. Di sicuro le proposte già depositate in Parlamento di modifica alla Carta Costituzionale per eliminare del tutto le differenze tra le due Camere (in termini di modalità di elezione e di limiti di età) sono completamente prive di senso in quanto assicurano il mantenimento di tempi lunghi (il doppio, se va bene, il triplo o quadruplo nel caso di modifiche del testo in seconda o terza lettura) senza apportare neanche quel po’ di sale derivante dalla differenziazione delle due assemblee.

E’ vero che la proposta di modifica del bicameralismo è stata sonoramente bocciata dai cittadini con il referendum del 4 dicembre 2016 ma tutti i commentatori politici sono concordi nel valutare che il risultato di quel referendum è dipeso soprattutto dall’eccessiva personalizzazione attribuita dal premier Renzi a tale consultazione. Se il referendum fosse stato “spacchettato” in quattro diversi quesiti molto probabilmente l’esito sarebbe stato diverso. In ogni caso è legittimo sostenere che eliminare una delle due Camere o, quantomeno, differenziarne sensibilmente funzioni e poteri consentirebbe una consistente velocizzazione delle procedure, e che una legge elettorale maggioritaria a doppio turno di collegio favorirebbe la scelta di rappresentanti di miglior qualità. Viceversa la proposta di mantenere il bicameralismo perfetto, riducendo il numero dei parlamentari ed eliminando qualsiasi sfumatura di differenza tra le due camere, facendo dell’Italia un unicum a livello mondiale, denota, nella migliore delle ipotesi, ignoranza della storia e superficialità nell’analisi, nella peggiore, esplicita volontà di svilire il Parlamento a mero esecutore delle direttive elaborate dalle segreterie di partito.

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